Il consigliere Eugenio Lato affronta la questione migranti. E lo fa ponendosi diverse domande, soprattutto sui centri di accoglienza straordinaria che proliferano in Italia. Infine la richiesta ai Comuni e all’Unione Europea affinchè tutti facciano la propria parte.
I migranti sono un problema. I migranti sono un grande problema. I migranti sono un grande problema e riguarda tutti: i migranti in primis!! E proprio “in primo piano” è conveniente, per una determinata parte politica, puntare sulla stigmatizzazione degli stessi per aumentare il proprio bacino di consensi e fomentare sentimenti xenofobi e razzisti, a scapito della verità. La verità, oppure una sorta di “verità relativa” imposta ad arte per mascherare una grande menzogna, perché l’unica cosa certa è che i migranti (di tutte le epoche e di tutte le nazioni) sono la conseguenza di un sistema socio-economico e politico in disequilibrio, corrotto e corruttibile, punto! Non starò qui ora a ricordare “quando eravamo noi italiani ad essere migranti”, giurando sotto la fiaccola di una statua francese in territorio statunitense (Paese che è l’antitesi del significato della statua stessa), oppure in cerca di un contratto temporaneo di lavoro nei paesi del nord Europa che ci avrebbe consentito di restare “temporaneamente” in quei Paesi, o meglio ancora a lasciare le belle spiagge o colline calabresi, pugliesi, siciliane, campane per andare nel grigio Nord e NordEst a fare grigi lavori in grigie catene di montaggio, ma mi corre l’obbligo verso la memoria di fare chiarezza a chi oggi sa solo populisticamente dire “l’italia agli itagliani” che il migrante non ha colore né nazione e, in un certo senso, siamo tutti migranti. E pensare che allo stato attuale sono proprio quei paesi “ex-colonie”(?) ad essere i serbatoi da dove parte il business che inizia con i cosiddetti “barconi della speranza”, per finire poi con quello dei centri di accoglienza straordinari (Cas) non sempre gestiti “eticamente” da cooperative nostrane. Ma di questo parleremo più avanti. Riprendiamo il filo del discorso sulla bella parolina incontrata prima: la speranza. In questo caso prima di tutto si tratta della speranza di sopravvivere, e poi, se non si fa un bagno eterno andando in pasto ai pesci, di riuscire ad avere un tetto sulla testa e qualcosa sotto i denti. Un po’ più di dignità insomma, una vita che possa essere più vicina al vivere e non al sopravvivere. A tal proposito mi viene una domanda, che rivolgo principalmente ai sostenitori dei “muri salva nazione”: non credete che un uomo, per propria natura, nella stragrande maggioranza dei casi, voglia restarsene nella propria terra? Con i propri affetti? Con le proprie usanze, abitudini, a guardare l’orizzonte da strade che conosce e dove è nato e cresciuto? Non credete che voglia dare il proprio contributo per vedere progredire la “propria” gente, in una armonia sociale che purtroppo i poteri forti non vogliono si realizzi? Non credete che già soltanto il “rischio di morte” sia un “pass” sufficiente a legittimare la traversata stessa e l’ingresso a pieno titolo nella nostra nazione? Riflettiamoci … E mentre rifletto porgo un’altra domanda: cosa avrebbe di “appetitoso” o, di riflesso, da “tutelare”, questo “Sistema Italia” (corrotto, gestito da mafie, politiche scellerate, lobby … fancazzisti, webeti, ignoranti, lacchè e leccaculi, etc… etc… ) da giustificare questa “invasione-evasione” di tanta gente, se non il fatto che rappresenti una scelta di sopravvivenza obbligata ? Non vi è altro da aggiungere al riguardo; il resto è superficialità sulla quale è fin troppo facile marciare … Come dite? Ah, per favore! Ancora con la storia che i migranti rubano i nostri posti di lavoro, stuprano le nostre donne, e fanno i signori con le nostre tasse? E andiamo su, smettiamola con questo qualunquismo spicciolo che non conviene a nessuno: un crimine è tale e come tale va perseguito, migrante o non! Ma far degenerare il discorso adducendo menzogne, o quantomeno distorcendo la realtà, non è accettabile! Un po’ come per molte cose qua in Italia si ha la capacità di trarre “vantaggio” anche da situazioni che vantaggi non ne denotano, nel bene e nel “male”. E, mentre da un lato si critica a spada tratta “l’invasione” , dall’altro si specula sulla stessa. Di necessità virtù insomma, sulla “pelle” degli ultimi (che primi non lo saranno mai). E qui si giunge all’altro lato della medaglia con la quale le varie “destre” europee (e non solo) amano fare spese politiche e incassare i conseguenti dazi: il “business” 2.0 dei migranti! Perché se è vero, com’è vero, che almeno “a chiacchiere” i migranti non sono “ben visti”, è altrettanto certo che sulle traversate e sull’accoglienza si specula, se non altro in termini di “propaganda”. I fatti di Coneta hanno rilanciato all’attenzione pubblica i “difetti” e gli effetti della gestione dell’accoglienza, che vede nell’istituzione dei CAS (centri di accoglienza straordinaria) l’arma burocraticamente più veloce da parte della Prefettura per sopperire alla carenza degli HUB (esistenti solo in 7 regioni) che diventano sempre più pieni e incapaci di dare risposte a flussi continui e sempre più massicci di arrivi: dal 2014 ad oggi siamo passati da 50.000 persone a 133.000 nei Cas (a fronte di un totale di oltre 170.000). E se da un lato i Cas alleviano la gestione del flusso migranti (in realtà la gestione è affidata a “cooperative” che, sotto il controllo della prefettura, provvedono a “individuare” i luoghi – avete presenti quando si sparla di “alberghi” dove accoglieremmo i migranti?- e garantire un tetto e tre pasti al giorno), non si può certo dire che si risolva la questione dell’integrazione, anzi. A questo punto entrano in gioco le strutture per la cosiddetta “seconda accoglienza”: gli SPRAR. Il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati prevede la volontarietà da parte dell’ente Comune nell’accettare gli immigrati sul proprio territorio e, mentre a livello regionale (tranne per la Valle D’Aosta) si rispettano le quote in proporzione, all’interno delle stesse regioni ci sono distribuzioni inique a livello dei comuni stessi. Accade spesso che ci siano Comuni che ospitano numeri molto più alti della media di 2,5 immigrati per ogni 1000 abitanti (molte volte imposti da parte della Prefettura) e Comuni che non ne “vogliono” nemmeno uno! Scelte politiche, ovviamente, ma mentre il sistema SPRAR (che, tra l’altro, prevede il sistema della “integrazione”, non limitandosi alla mera accoglienza e salvaguardia dei bisogni primari) viene utilizzato solo in pochi casi (su un totale di 175.485 immigrati accolti, 136.706 vivono nei centri di accoglienza straordinari) , solo poco più di 1000 Comuni (su un totale di 8000) hanno aperto le porte tramite il sistema di protezione. Queste disfunzioni numeriche si tramutano inevitabilmente in “handicap” strutturali e sociali, facendo venir meno il concetto stesso di integrazione, e non solo. Ora, volendo cogliere il significato del termine “problema” in una lingua che tale termine non annovera nel proprio vocabolario (quella cinese ndr) , che sostituisce con la parola “opportunità”, mi viene da chiedere a chi amministra uno qualsiasi tra i Comuni italiani: non sarebbe meglio distribuire equamente le quote, tanto da rendere giustizia alle condizioni di vita dei rifugiati e svolgere al meglio il proprio compito di “reale integrazione” di queste persone, evitando la ghettizzazione e la speculazione infame che la accompagna spesso? Non sarebbe meglio “pretendere”, dopo aver noi adempiuto a livello nazionale, una giusta ripartizione anche a livello europeo, prevista, anzi obbligatoria ? Che ognuno faccia la sua parte, che si abbatta il populismo e il finto buonismo di sinistra così come l’ignorante nazionalismo di destra! Perchè gli uomini con la U maiuscola si assumono le proprie responsabilità, e , come dicevo, non è possibile non aver presente che questa disfunzionalità l’abbiamo voluta anche noi! … ai profughi l’ardua sentenza… ?? Eugenio Lato