L’età avanza ed il “dolce far niente” mi porta a far visita sempre più spesso ai miei ricordi. È forse per questo che mi è tornata in mente in questi giorni una simpatica, quanto banale, canzone che verso la fine degli anni 80 godette di una certa notorietà.
A quell’epoca “C’è da spostare una macchina” raggiunse il primo posto della classifica di vendita dei dischi (si è vero, i dischi in vinile si vendevano nei negozi) ed il tormentone raccontava degli sforzi di un parcheggiatore nel tentativo di sistemare le autovetture nello spazio da lui gestito…
Nelle ultime settimane stiamo assistendo sui social e non solo, al “braccio di ferro” in corso tra amministrazione comunale ed istituzioni scolastiche, a proposito del famigerato “dimensionamento scolastico”.
Tale provvedimento, previsto dal dlgs n°98 del 2011, a seguito dell’aggiornamento del gennaio di quest’anno, lega a doppio filo la riorganizzazione del sistema scolastico al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (meglio conosciuto come PNRR), la cui attuazione è propedeutica all’incasso da parte dello stato italiano degli stanziamenti messi a disposizione dalla Comunità Europea. Scorrendo le pagine delle “linee guida dimensionamento della rete scolastica e programmazione dell’offerta formativa” della Regione Campania, oltre alle normative di riferimento (più di trenta), ci si imbatte nel Cronoprogramma delle Attività che ovviamente prevede alcune scadenze tra cui, secondo me, la più importante è quella del 15 Febbraio 2024, quando si inizierà la rilevazione dell’impatto dell’esecutività della riforma sul sistema scolastico stesso.
Sfogliando ancora il breve opuscolo consultabile sul BURC della Regione Campania, salta all’occhio il corposo elenco di istituzioni coinvolte nel processo “finalizzato alla costituzione di un sistema scolastico regionale di qualità, inclusivo, sostenibile ed aperto all’innovazione dei modelli educativi”. Si parte dalle istituzioni scolastiche e, passando per i comuni, le province e la città metropolitana (Napoli), gli ambiti provinciali, la direzione scolastica regionale e le confederazioni sindacali, si arriva fino alla regione Campania.
Immergendosi nella lettura, si scoprono poi tutti gli “step” necessari alla realizzazione della riforma che prevede la presentazione da parte degli istituti scolastici delle istanze, corredate dalle informazioni e dai dati necessari, agli enti locali competenti, tali proposte sono state discusse attraverso la concertazione territoriale; tocca poi agli organi regionali recepire le sollecitazioni e, attraverso ulteriori acquisizioni di pareri e proposte da parte delle organizzazioni sindacali del comparto scuola, si procederà infine all’ipotesi finale che dovrà essere approvata dalla giunta regionale (fine novembre). La situazione ad Angri, come ho anticipato prima, è delicata e vive un momento di forte conflittualità: perché? Stando alle dichiarazioni del sindaco e dell’assessore competente, suffragate da una nota diffusa da uno degli istituti scolastici angresi, la procedura seguita dalla nostra amministrazione è coerente con l’iter imposto dalla regione Campania. Infatti risulta che a suo tempo è stato convocato il tavolo di lavoro tra gli “attori” coinvolti che ha consentito di individuare un piano congruo ed accettato da tutti i presenti.
Perché, allora, una volta diffuso questo documento, sono stati sollevati tanti scudi? I dirigenti scolastici che hanno occupato le sedie intorno al tavolo di concertazione con l’amministrazione, erano preparati? I docenti che ora tanto si lamentano strappandosi le vesti ed inneggiando all’autonomia ed al diritto dei ragazzi ad un percorso di studio lineare, conoscono i contenuti della riforma? Hanno a suo tempo partecipato alla stesura di un loro piano di dimensionamento? Come al solito c’è qualcuno che sobilla, incita, fomenta, istiga approfittando della “ignoranza” di qualcun altro.
I nostri ragazzi non meritano certuni comportamenti mentre devono sopportare il fatto di non aver voce in capitolo e sottostare a regole ed orari non sempre “rispettosi” della loro età e del loro vivere quotidiano. Alla fine è solo una questione di numeri di iscritti: sotto una certa soglia si perde l’autonomia e tutto quello che ne consegue. Magari è proprio vero: siamo solo dei numeri, delle statistiche…
Parafrasando la canzone da me citata nel prologo di questo pezzo, mi viene da dire “Quest’alunno qua devi metterlo là, quell’alunno là devi metterlo qua…” ma chi ci guadagna? Certo non gli studenti, tantomeno le loro famiglie.